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24 feb 2016

Scoppia un flacone di candeggina: casalinga ustionata ma azienda produttrice non responsabile del danno

Scoppia un flacone di candeggina: casalinga ustionata ma azienda produttrice non responsabile del danno
Una sventurata casalinga diventa, involontariamente, vittima della esplosione di un flacone contenente candeggina. Tale fenomeno le causa lesioni serie al volto.

Ma, oltre il danno anche la beffa: la donna, non può rivalersi sull' azienda produttrice e, dunque non ha diritto ad alcun risarcimento. Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3258/16 depositata lo scorso 19 febbraio 2016.



I giudici di merito hanno ritenuto immotivate le pretese avanzate dalla casalinga. 
Pur considerando vero l’episodio denunciato dalla donna, cioè «l’esplosione di un flacone di candeggina», essi hanno considerato non dimostrata «la prova della riconducibilità del fatto ad un difetto del prodotto». 

Più precisamente, è stato accertato soltanto che il contenitore «era stato riscontrato rotto durante l’utilizzo fatto» dalla casalinga e che «a seguito di detta rottura, per la fuoriuscita del liquido» la donna «era stata colpita al volto», ma, viene precisato, «non vi era prova che quello specifico prodotto si fosse rotto per un difetto di produzione». 

Plausibile, in sostanza, che l’incidente fosse stato provocato da «un semplice fatto accidentale» ascrivibile alla donna, come, ad esempio, un «uso anomalo del contenitore» oppure una «caduta sul flacone ancora pieno e con il tappo avvitato». 

 I Giudici della Cassazione, chiamati in causa dal legale della donna, ribadiscono, in premessa, che «la responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta, e non oggettiva, poiché prescinde dall’accertamento della colpevolezza del produttore» ma «non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto». 

Difatti, su questo fronte, alla luce del ‘Codice del consumo’, tocca al «soggetto danneggiato» la «prova specifica del collegamento causale non tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno». Il concetto di «difettosità», però, viene chiarito, si lega a quello di «sicurezza». Ciò significa che «il prodotto» può considerarsi «difettoso» quando «non corrisponde a quello della sua più rigorosa innocuità, dovendo, piuttosto, farsi riferimento ai requisiti di sicurezza generalmente richiesti» dai compratori. 

Tutto ciò consente di affermare che «il danno» subito dalla donna «non prova indirettamente, di per sé, la pericolosità del prodotto in condizioni normali di impiego, ma solo una più indefinita pericolosità del prodotto, di per sé insufficiente» per sostenere «la responsabilità del produttore», se non si è in concreto accertato anche che «quella specifica condizione di insicurezza del prodotto si pone al di sotto del livello di garanzia di affidabilità» richiesto dai consumatori e previsto dalla normativa. Seguendo tale linea di pensiero è significativa, in questa vicenda, la «carenza probatoria in ordine al difetto presente» nel flacone di candeggina utilizzato dalla casalinga. 

E, su questo punto, non si può attribuire rilievo decisivo alla indiscutibile «esistenza di un danno seguito all’utilizzazione del prodotto». Per i Giudici, in sostanza, il mero riscontro della «rottura del flacone di candeggina» non è sufficiente per parlare di «difettosità del prodotto». Inevitabile, perciò, la conferma della decisione sfavorevole alla casalinga: nessun risarcimento da parte della società produttrice del flacone di candeggina. 

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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