Una spaventosa carestia minacciava il popolo di Trascina. Ogni estate, quando le messi biondeggiavano nei campi e i frutti maturi curvavano i rami degli alberi, nottetempo, turbe innumerevoli di cinghiali, come piovuti dal cielo, si abbattevano furiosamente sulle distese coltivate distruggendo ogni cosa.
Alcione era fortemente turbata perché sapeva di essere lei la cagione di tanta sciagura, avendo attirato su di sé e sul suo popolo l'ira di Diana, la dea cacciatrice.
Una mattina, durante una passeggiata nel bosco, dopo essersi tuffata nelle acque limpide di un lago, la giovane si era distesa sull'erba soffice per asciugarsi al sole.
La sua bellezza, l'armonia del suo corpo, la sua grazia le attirarono attorno i numerosi abitatori del bosco, ninfe, naiadi, gnomi che, avendola scambiata per Diana, le offrirono fiori e frutti. Cantarono per lei cori di lodi e improvvisarono danze mentre si dicevano pronti a recare ai suoi piedi tutte le belve ammansite e tutti gli uccelli variopinti della foresta.
Alcione fu presa da una tale vanità che accettò gli elogi senza rivelare chi fosse veramente. Anzi, quando preceduta dai cani e dai suoni dei corni apparve davvero la dea Diana, ella non volle chiarire l'equivoco, non volle ritirarsi nell'ombra.
Diana ebbe un bel gridare all'inganno, nessuno le credette.
Da quel momento l'ira della dea fu implacabile. Invocò gli altri dei e ottenne che una grandinata furiosa si abbattesse sulla foresta mettendo in fuga Alcione. Sciolse al cinghiale il guinzaglio che lo teneva avvinto e l'animale si moltiplicò in migliaia di altri esemplari del suo stesso pelo e della sua stessa ferocia; in breve tutti i campi del regno furono distrutti.
La sciagura si ripeteva ogni anno.
Come si poteva placare l'ira della dea? Era questo l'interrogativo che Ceice, sposo di Alcione, era andato a porre all'oracolo di Apollo che rispondeva da una rupe dello scoglio di Claro. Erano passati tre mesi dal giorno in cui Ceice aveva intrapreso il rischioso viaggio e Alcione non aveva avuto di lui alcuna notizia.
Quella notte la tempesta che stava per abbattersi sul mare le impediva di addormentarsi e, quando alfine vi riuscì, fu ancor peggio. Nel sonno, insieme a tante altre immagini angosciose, le apparve un messaggero alato, Morfeo, che le annunziò la morte del marito avvenuta tra le onde durante la traversata.
Alcione si svegliò di soprassalto, si alzò in piedi, corse al mare, salì sullo scoglio più alto per scrutare lontano.
Ad un tratto le parve di veder galleggiare un corpo.
Non ebbe dubbi: le onde le restituivano il cadavere dello sposo diletto.
Disperata, la donna si gettò in mare. In quello stesso momento Giove, stanco delle vendette di Diana, si mosse a pietà e, proprio mentre Alcione si lanciava nel vuoto, le donò due ali che le permisero di librarsi dolcemente nell'aria. Come per incanto spuntarono due ali anche sul corpo galleggiante di Ceice, che fu visto sollevarsi dalle acque e andare incontro alla sua sposa.
Così nacquero nel mondo gli alcioni, che ebbero il privilegio di fare il nido sulle stesse onde del mare. Ogni qualvolta essi depongono le uova sulla superficie marina, nessuna tempesta osa turbare o agitare le acque.
Gli alcioni sono perciò simbolo della tranquillità degli oceani.
Nessun commento:
Posta un commento