Strane creature e giganteschi mostri marini popolano da sempre i racconti di marinai e pescatori. Che fosse frutto di fantasia o un fatto reale, quella del calamaro gigante è una leggenda che occupa un posto di primo piano tra le tante che riguardano il mondo degli abissi.
Un essere con un immane corpo cilindrico, enormi occhi rotondi, otto braccia serpentine e due lunghissimi tentacoli. Così è stato descritto in letteratura e ritratto, per lo più, nell’atto di aggredire barche da pesca o mentre lotta con le balene.
Aristotele e Plinio ne scrissero, eppure il calamaro gigante fu ritenuto un mostro marino mitico sin verso la fine dell’800, quando a Terranova se ne videro ben una dozzina arenata a riva. Fu nel 1873 che il calamaro gigante fornì prova della sua esistenza e pericolosità.
Due esperti pescatori e il figlio dodicenne di uno di loro raggiunsero a remi la Conception Bay quando poco distanti dalla riva notarono qualcosa di strano. Sembrava solo un ammasso di alghe e quindi avanzarono senza particolari indugi. Avvicinandosi, compresero che si stavano sbagliando. Una massa liscia, color rosso-violacea si palesò davanti a loro.
Uno dei due la colpì e allora otto lunghe e grosse braccia munite di ventose, al cui centro apparivano degli occhi grandi, e un paio di tentacoli saettarono dall’acqua ribollente verso la barca. In pochi secondi il gigantesco calamaro avviluppò la barca.
I poveri pescatori presero a colpire il mostro marino, ma fu ragazzo Tom Piccot con un’ascia a tagliare il tentacolo. Il mostro allora si allontanò, rapido, lasciandosi dietro nuvole d’inchiostro. I pescatori tornarono in fretta a riva, con il tentacolo amputati ancora stretti alla barca, prova inconfutabile del pericoloso incontro ravvicinato con il calamaro gigante.
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