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21 ago 2018

K-19 THE WIDOWMAKER: The Secret Story of The Soviet Nuclear Submarine di Peter Huchthausen

K-19 THE WIDOWMAKER: The Secret Story of The Soviet Nuclear Submarine di Peter Huchthausen
La costruzione del K-19 ebbe inizio il 17 ottobre 1958 e il varo avvenne l'8 aprile 1959. Già durante la fase di costruzione si erano succedute svariate morti, in quanto l'esigenza di schierare rapidamente il battello, simbolo di potenza strategica, mise in secondo piano i requisiti di sicurezza e determinò una serie funesta di avarie e malfunzionamenti.

Nel corso della sua prima missione si registrò l'avaria di una delle pompe del refrigerante del reattore nucleare, che causò la fuoriuscita di materiale radioattivo e di conseguenza la contaminazione di alcuni membri dell'equipaggio. 

Un'avaria al circuito di raffreddamento nel luglio del 1961 determinò il surriscaldamento incontrollato del reattore. La fusione catastrofica fu evitata grazie al sacrificio di alcuni uomini dell'equipaggio che ripararono il circuito esponendosi a dosi letali di radiazioni. Un altro incidente nel 1972 determinò un incendio che causò la morte di 28 marinai. 



Nonostante questo ed altri incidenti, il sottomarino restò in servizio fino al 1991. Il 4 luglio 1961, al comando del Capitano di primo rango Nikolaj Vladimirovič Zateev, il K-19 stava conducendo delle esercitazioni nell'Atlantico settentrionale nei pressi dell'isola di Jan Mayen. 

Dopo un'esercitazione, che prevedeva l'immersione sino a 400 metri di profondità, per via delle pressioni subite l'antenna di onde lunghe a bassa frequenza (quelle per trasmissioni a medio e lungo raggio) si ruppe. 

Mentre venivano completate le ultime esercitazioni un'avaria alle pompe di raffreddamento provocò l'abbassamento della pressione dell'acqua nel reattore di poppa. Avendo l'incidente all'antenna, indipendente dal secondo, disabilitato il sistema di comunicazioni radio a lungo raggio, il sottomarino non era in grado di stabilire alcun contatto con Mosca. 

La temperatura del reattore aumentò in modo incontrollato, raggiungendo gli 800 °C — quasi il punto di fusione delle barre di combustibile nucleare — e la reazione nucleare continuò nonostante il reattore fosse stato spento grazie all'inserimento delle barre di spegnimento (SCRAM). 

Il reattore continuò comunque a scaldarsi poiché la refrigerazione era insufficiente anche per rimuovere il calore residuo rilasciato dal decadimento radioattivo nel nocciolo. Questa avaria rischiò di provocare la fusione del nocciolo, la quale avrebbe provocato una massa critica autonoma abbastanza calda da perforare lo scafo e provocare l'affondamento del mezzo. 

Nonostante le richieste di Zateyev e di altri ufficiali, non era stato installato a bordo un sistema di raffreddamento secondario. Per riparare il reattore servirono inizialmente 6 uomini, organizzati in 3 squadre da 2 che restavano solo dieci minuti nelle vicinanze del reattore. Poiché il sottomarino non possedeva a bordo tute antiradiazioni, ma solo tute di protezione contro agenti chimici, si sarebbero sicuramente contaminati in modo letale. 

Ma il gruppo dei riparatori non era a conoscenza di questo rischio. Essi infatti pensavano che le tute li avrebbero protetti anche contro la contaminazione. I vapori che vennero rilasciati contenevano prodotti di fissione radioattivi, e si spansero nel sistema di ventilazione, attraverso le altre sezioni del sottomarino. 

Il sistema di raffreddamento riparato funzionò per un momento e poi la saldatura cedette, un uomo (che era stato inizialmente sostituito poiché si era rifiutato di lavorare) decise di andare da solo, restò a lavorare per 18 minuti e fu il primo a morire ma riuscì ad impedire la catastrofe. 

Questo incidente contaminò l'equipaggio, parte del sottomarino e alcuni missili balistici presenti a bordo. L'equipaggio ricevette dosi di radiazioni considerevoli e tutte le 7 persone che facevano parte del team di riparazione morirono di avvelenamento da radiazioni entro una settimana, e altre 20 persone entro pochi anni. 

Il capitano decise di dirigersi a sud per incontrare dei sottomarini che dovevano essere lì, invece di continuare la rotta prevista dalla missione. Zateyev, preoccupato di un ammutinamento, fece gettare in mare tutte le armi da fuoco presenti a bordo, tranne cinque pistole distribuite agli ufficiali più fidati. Le navi da guerra statunitensi ricevettero la trasmissione e offrirono aiuto, un evento raro durante la guerra fredda. 

Tuttavia Zateyev, spaventato dalla caduta in mani nemiche di segreti militari sovietici, rifiutò e decise di incontrarsi con l'S-270. L'equipaggio del K-19 venne evacuato e il sottomarino venne trainato alla base. Dopo esservi giunto, il K-19 contaminò una zona di 700 metri di raggio. I reattori danneggiati vennero rimossi e sostituiti, una procedura che durò due anni. 

Durante questo periodo si registrarono ulteriori contaminazioni da radiazione nell'ambiente circostante e tra i lavoratori. Durante il processo di riparazione venne scoperto che il guasto era stato causato da una goccia di elettrodo da saldatura, caduta nel circuito di raffreddamento primario del reattore di poppa dopo la sua costruzione. 

Il K-19 tornò nella flotta, con il nuovo soprannome di "Hiroshima". L'incidente non piacque ai vertici di Mosca: non venne data nessuna medaglia ad ufficiali e marinai, poiché l'eroismo non era dovuto ad azione di guerra.

Il comandante venne processato e sebbene assolto non gli venne assegnato il comando di nessun battello. Fu inoltre dato l'ordine di mantenere la segretezza assoluta sul disastro, che venne reso pubblico solo 28 anni dopo. 

Il 1º febbraio 2006 l'ex Presidente dell'Unione Sovietica Michail Gorbačëv propose, in una lettera al Comitato del Nobel, che l'equipaggio del K-19 venisse nominato al Nobel per la Pace, per le azioni condotte il 4 luglio 1961. Nel marzo 2006 Nikolaj Zateyev venne nominato formalmente per il premio.

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