Trent'anni dopo "Il nome della rosa" Umberto Eco torna in libreria con un nuovo romanzo di ambientazione storica.
Lungo il XIX secolo, tra Torino, Palermo e Parigi, troviamo una satanista isterica, un abate che muore due volte, alcuni cadaveri in una fogna parigina, un garibaldino che si chiamava Ippolito Nievo, il falso bordereau di Dreyfus per l'ambasciata tedesca, la crescita di quella falsificazione nota come "I protocolli dei Savi Anziani di Sion", che ispirerà a Hitler i campi di sterminio, gesuiti che tramano contro i massoni, massoni, carbonari e mazziniani che strangolano i preti con le loro stesse budella, un Garibaldi artritico dalle gambe storte, i piani dei servizi segreti piemontesi, francesi, prussiani e russi, le stragi nella Parigi della Comune, orrendi ritrovi per criminali che tra i fumi dell'assenzio pianificano esplosioni e rivolte di piazza, falsi notai, testamenti mendaci, confraternite diaboliche e messe nere.
Ottimo materiale per un romanzo d'appendice di stile ottocentesco, tra l'altro illustrato come i feuilletons di quel tempo. Un particolare: eccetto il protagonista, tutti i personaggi di questo romanzo sono realmente esistiti e hanno fatto quello che hanno fatto.
E anche il protagonista fa cose che sono state veramente fatte, tranne che ne fa molte, che probabilmente hanno avuto autori diversi. Accade però che, tra servizi segreti, agenti doppi, ufficiali felloni ed ecclesiastici peccatori, l'unico personaggio inventato di questa storia sia il più vero di tutti.
Nessun commento:
Posta un commento