In Argentina, dopo quattro anni, abolisce il divieto di importazione dei libri dall’estero. Il blocco fu stabilito, durante il mandato politico della Presidentessa Cristina Fernández de Kirchner, per evitare la fuga di moneta all'estero.
L'attuale governo argentino, in mano al Presidente Mauricio Macri, ha eliminato le restrizioni al cambio della moneta nazionale e, all’acquisto di dollari, ha infine eliminato il divieto di importazione dei libri stampati all’estero, imposto nel 2010 e implementato dal 2012 dalla Kirchner.
Ecco alcune dichiarazioni: “L’obiettivo è favorire una maggiore integrazione internazionale dell’industria bibliografica argentina, si legge in un comunicato; aumentare la ‘bibliodiversità’: dare agli argentini più possibilità di scelta e; favorire gli scambi tra l’editoria locale e i mercati internazionali”.
In questi quasi 4 anni di blocco, giustificato dall’ex segretario al Commercio interno, Guillermo Moreno, come una misura di carattere ambientale, perché i libri stampati all’estero contenevano una quantità eccessiva di piombo, pericolosa per i lettori, non solo si è ridotta l’offerta di libri disponibili, ma i costi di produzione hanno finito per rendere poco competitiva l’editoria locale.
I libri in Argentina infatti sono arrivati a costare in media il 50% in più, rispetto a quelli venduti in Brasile e Uruguay e, il 27% in più rispetto al Cile.
D’ora in poi inoltre gli argentini saranno sgravati dalla pesante burocrazia, che li costringeva ad un pellegrinaggio tra la dogana e l’aeroporto per potersi portare a casa i libri acquistati in viaggi all’estero.
Ma, gli argentini non hanno perso la buona e saggia abitudine alla lettura e, partecipano alla famosa Fiera del libro di Buenos Aires, anche se ovviamente in misura ridotta rispetto al passato. Prima del blocco, i libri in Argentina erano così economici che addirittura venivano dal Cile e dal Perù per fare acquisti e tornare a casa con un bel rifornimento.
Dal 2010 le cose si sono complicate, per il blocco all’importazione da mercati importanti come Spagna, Messico e Colombia, e anche per le restrizioni all’acquisto di dollari e l’inflazione.
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