La legge Casati impone la parità nell'istruzione elementare tra maschi e femmine, anche se include lavori domestici nelle scuole femminili e, geometria e disegno negli istituti maschili. Unico fine dell'educazione femminile è ancora la vita domestica e, l'unico ruolo è quello di madre di famiglia.
Solo i laici difendono un diritto all'istruzione delle donne, finalizzato alle professioni, mentre i cattolici, soprattutto gesuiti, sostengono l'esclusione dalla vita pubblica delle donne e, ne controllano l'educazione e la formazione attraverso gli educandati.
Nel 1876 viene concessa l'ammissione delle donne all'Università. Nel frattempo, si consente la frequentazione del ginnasio, ma si impedisce l'accesso al liceo. Dal 1885, le ragazze possono frequentare le scuole tecniche; e dopo la legge Coppino, con la necessità di formare numerosi insegnanti elementari, le ragazze prevalgono numericamente sui ragazzi nelle scuole normali.
Ne deriva la nascita di un nuovo pregiudizio: l'insegnamento come estensione naturale del ruolo materno e, la figura della maestra missionaria e nubile. Soltanto nel 1919 le donne hanno aperta la professione di avvocato e, dal 1953 quella di magistrato.
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