Pandagian era la più bella fanciulla di un lontano villaggio dell'Indonesia e sapeva danzare come nessuno al mondo.
Non appena il cielo s'oscurava e le stelle cominciavano a brillare sulla volta blu cupo, Pandagian si recava nella radura davanti all'immenso mare dove intrecciava leggiadre danze, accompagnandosi col melodioso suono della voce e dimenticando ogni altra cosa.
Solo quando il primo raggio di sole colpiva la superficie marina, la fanciulla si scuoteva dall'incanto e cessava di danzare. Tornava lentamente alla capanna dove abitava con la famiglia, saliva leggera la scala, entrava nella veranda e si stendeva sulla sua stuoia.
Un giorno il padre, stanco dei suoi continui ritardi, le disse con durezza:
- Pandagian, da oggi le tue danze sono finite. Ti punirò severamente se avrai il coraggio di disubbidire.
La fanciulla non rispose, ma quando al tramonto la famiglia si riunì per il pasto, Pandagian non si presentò nella capanna. La cercarono ovunque e poi seppero che, come ogni sera, la giovinetta era andata nella radura a danzare senza tenere in nessun conto l'avvertimento paterno. A questa notizia il padre si adirò:
- Non accetto d'essere disubbidito dai miei figli! - disse con fare minaccioso. E dopo aver riflettuto un poco, l'uomo ordinò al figlio maggiore di ritirare la scala dalla veranda. Poi aggiunse:
- Ascoltate bene tutti: chi farà scendere la scala per Pandagian, andrà immediatamente via da questa casa!
Ignara di ciò che avveniva, Pandagian continuava a danzare felice e immemore nella radura; osservava il cielo lucente e le sembrava di scorgere Riamasan, il bellissimo principe delle Stelle, mentre volava sul suo carro d'argento.
Allo spuntar del giorno la fanciulla smise di danzare.
Veloce e leggera giunse sotto casa e si meravigliò molto di non trovare la scala. Guardò verso la veranda, dove certamente i suoi già dormivano e chiamò con voce sommessa, per non disturbarli:
- Padre mio, dammi la scala!
Con voce ferma il padre le disse:
- Rivolgiti a tua madre.
Pandagian, stupita da una tale risposta, Si rivolse alla madre:
- Madre mia, calami la scala!
Con voce che tentava invano di far apparire severa la madre rispose:
- Chiedilo a tuo nonno.
La fanciulla non capiva più cosa stesse succedendo nella sua famiglia.
- Oh, nonno - gridò. - Ti prego, fai scendere la scala!
- Vallo a chiedere a tua nonna - fu la risposta.
- Nonna, ti scongiuro, mandami giù la scala!
- Parla con tuo fratello maggiore - suggerì la vecchia con voce lamentosa.
- Fratello mio, vuoi almeno tu calare la scala perché io possa salire? - implorò sempre più scoraggiata Pandagian.
Con voce triste il giovane rispose:
- Pandagian, devi chiederlo a tuo padre.
La fanciulla ormai singhiozzava senza freno: aveva capito che il padre voleva punirla. Tentò di rivolgersi nuovamente a lui:
- Padre! - supplicò tendendo le braccia verso l'alto - Calami la scala e permettimi di tornare a casa nella mia famiglia! - No! - rispose il padre con asprezza. - Hai disubbidito ai miei ordini fuggendo via senza curarti neanche della nostra ansia. Ora dormirai sulla terra!
Poi nella veranda cadde il silenzio. Solo di tanto in tanto s'udiva qualche lieve rumore. Forse un sospiro o un singhiozzo trattenuti: la madre? la nonna? Alla fine però nessun suono venne più dall'alto.
Pandagian passeggiò a lungo nello spiazzo davanti casa.
Poi, trovata una pietra levigata, vi si stese e asciugò le lacrime con i lunghi capelli neri.
A poco a poco si calmò, consapevole di aver meritato quel castigo. L'indomani avrebbe chiesto perdono al padre e tutto si sarebbe risolto. Sapeva però che per molto tempo non avrebbe più potuto danzare e a questo pensiero provava un profondo dolore.
Supina sulla grande pietra la fanciulla continuava a guardare il cielo e le sembrò di vedere ancora una volta la maestosa figura del principe Riamasan che guidava il suo splendido carro negli spazi celesti.
«Potessi danzare tra le stelle... » pensò tra sé Pandagian. «Se Riamasan mi portasse con lui sul suo carro d'argento!»
In quel preciso momento sentì vicino a sé il tintinnio di una catena; si volse e vide scendere dall'alto una seggiola d'oro sostenuta da una catena d'argento.
La fanciulla non si meravigliò di tutto questo; si alzò dalla pietra e si sedette sulla sedia, che subito cominciò a salire verso il cielo.
Giunta all'altezza della veranda di casa, Pandagian pregò:
- Oh, Riamasan, ferma un momento! Lascia che io saluti i miei familiari.
La sedia si bloccò all'istante ed ella gridò:
- Madre! nonna! fratello! addio per sempre. Io salgo tra le stelle.
I familiari accorsero fuori e guardarono stupefatti la fanciulla che lentamente s'allontanava verso l'alto:
La madre supplicò:
- Dove vai Pandagian! Non mi lasciare!
La figlia le fece un cenno con la mano e poi pregò ancora Riamasan di riportarla verso la sua casa: voleva salutare il padre.
La sedia si abbassò fino alla veranda e rimase immobile. - Addio per sempre, padre mio: io me ne vado tra le stelle! - gli disse affettuosamente la fanciulla.
A questo punto il padre non poté frenare la sua commozione e, con le braccia tese, implorò:
- Figlia diletta! mia dolce Pandagian, torna da noi!
Non ti lascerò più fuori casa!
- No, padre mio, non posso più tornare. Addio! La sedia d'oro riprese a salire e, senza altra sosta, sparì dietro le nuvole. Ad attendere la fanciulla c'era il principe Riamasan, bellissimo e sorridente, che l'aiutò a scendere.
- Benvenuta nel mio regno - le disse. - Ti ho ammirata per tante notti mentre intrecciavi le tue danze. Non ho mai visto una fanciulla più bella di te! Così, appena mi hai invocato, sono stato felice di accontentarti.
- Allora non sognavo quando credevo di vederti tra le stelle! - esclamò Pandagian.
- Finalmente ora siamo vicini - continuò dolcemente il principe. - E, se vorrai sposarmi, sarai la principessa delle stelle e potrai danzare nel cielo finché. vorrai.
La fanciulla arrossì e commossa accettò la richiesta di Riamasan. Le nozze furono celebrate molto presto. Ogni sera, mentre il suo sposo passava tra le stelle sul carro d'argento, Pandagian danzava tra le costellazioni al suono di una musica dolcissima che si diffondeva sotto la volta del cielo. Era una vita meravigliosa.
E forse proprio perché troppo bella, non poteva durare a lungo.
Un giorno Pandagian ebbe il desiderio di nuotare e, senza avvertire il suo sposo, si recò al fiume. Cominciò a danzare tra gli scogli d'oro intorno ai quali l'acqua s'infrangeva; danzò sotto la cascata argentina e si tuffò tra le onde spumeggianti. Erano sensazioni stupende, le più belle che avesse mai provato.
Dopo molto tempo la fanciulla risalì ansante sulla riva e si distese sull'erba, guardò ancora una volta la corrente del fiume e poi, felice, si addormentò.
Ma ecco in agguato il principe del Sole che attendeva da lungo tempo un momento come quello.
Egli era il fratello maggiore del principe delle Stelle e gli invidiava molte cose. Gli invidiava la luce dolcissima e misteriosa dei suoi astri notturni, il bel carro d'argento su cui poteva portare in volo gli esseri umani e ora, più di ogni cosa, gli invidiava la felicità di avere come moglie una fanciulla della terra. Queste cose invece erano impossibili per lui, a causa dell'abbagliante splendore e del calore insopportabile che emanavano dalla sua persona e dal suo carro dorato.
Il principe del Sole nutriva un odio incontenibile nei confronti del fratello minore e aveva giurato di fargli scontare in qualche modo la tristezza della sua solitudine.
E finalmente l'occasione gli si era presentata. P
andagian, la splendida danzatrice che il Sole aveva tante volte ammirato dal cielo, era venuta sola soletta al fiume che segnava il confine tra il regno del Sole e quello delle Stelle. Come mai Riamasan non aveva avvertito la sposa del pericolo che poteva correre?
Il principe del Sole non riusciva a spiegarselo ma, sorridendo sinistramente, affilò uno strale d'oro. Un raggio infuocato scese dall'alto e trafisse al cuore l'ignara danzatrice.
Così Pandagian morì e così la trovarono le stelle che, piangenti, ne annunciarono la fine al principe Riamasan.
Lo sposo impazzì di dolore; rimase per tre notti di seguito accanto al corpo della sposa adorata. Infine prese la sua decisione e fece un gesto verso il cielo notturno: in quello stesso istante il corpo di Pandagian svanì e al suo posto apparvero infinite stelle lucenti.
Il principe le prese e cominciò a lanciarle per il cielo a piccoli gruppi, formando tante costellazioni, ad ognuna delle quali dava un nome. Alla fine gli rimase stretta in pugno un'ultima stella, la più lucente. Riamasan la guardò a lungo e gli parve di rivedere il volto della donna amata.
Allora riudì la voce accorata del padre di Pandagian che supplicava la figlia di non andare via, di ritornare a casa.
Il principe frantumò la stella in minuscoli pezzi splendenti e li lanciò verso la terra dicendo:
- Andate dai genitori di Pandagian e portate loro il suo ricordo per sempre.
I frammenti luccicanti, cadendo verso la terra, si trasformarono in migliaia di animaletti alati che volarono festosamente verso la radura e sui cespugli profumati, all'orlo della boscaglia.
I genitori di Pandagian erano seduti fuori la veranda della loro casa. Il padre, guardando quell'insolito spettacolo, esclamò:
- Moglie mia, guarda quegli strani animaletti lucenti.
Sembrano stelle alate che danzano nell'aria!
- Danzano! - ripeté con voce di pianto la madre - Forse vengono giù dal cielo dove hanno tenuto compagnia alla mia dolce Pandagian! - E perché no? - aggiunse il padre con gli occhi pieni di lacrime - Perché no? Forse è proprio la nostra figlia diletta che ha mandato dal cielo una manciata di stelle come segno del suo perdono.
Da quella notte, quando le stelline alate, che furono poi chiamate lucciole, venivano a danzare nella radura e sui cespugli profumati, i familiari di Pandagian le guardavano commossi, sicuri che quello era il mezzo scelto dalla figlia per inviare il suo saluto e consolarli della sua lontananza.
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