Servizievole e burlone, Ermes è il più simpatico degli dei. Nato da Zeus e da Maia, "la ninfa dalle trecce stupende", possiede calzari alati ed è il messaggero degli dei. La più celebre delle sue imprese è la liberazione di Io.
Io, figlia del re di Argo, era tanto bella da fare innamorare follemente Zeus, che le inviava in sogno messaggi d'amore, senza però ottenere risultati concreti. La fanciulla, sacerdotessa di Era, non voleva in nessun modo farle un affronto. Zeus allora ordinò a Inaco, suo padre, di cacciarla di casa e quando la vide sola e smarrita la raggiunse.
Per farlo senza essere visto dalla moglie tramutò il giorno in una notte oscura. Ma lo strano fenomeno insospettì Era : che cosa stava combinando nel buio, quel suo sposo poco fedele ? Furiosa, si mise sulle sue tracce. Quando Zeus la vide arrivare, temendo il peggio, tramutò Io in una giovenca. Ma ci voleva ben altro per ingannare Era.
Diede un'occhiata alla giovenca e disse: "Bella, me la regali ?". Giove non poteva dire di no e la dea trascinò via la rivale, costretta a camminare a quattro zampe. Come fare a liberare la povera Io ?
Zeus chiamò in aiuto Ermes, l'astuto, che velocissimo volò a Nemèa, dove la giovenca era affidata ad Argo dai cento occhi. Il mostro dormiva con due occhi soltanto, mentre gli altri restavano aperti e vigili. Ermes, sedutosi accanto, cominciò a raccontargli un sacco di storie e pian piano anche gli altri occhi cominciarono a chiudersi... Poi suonò col flauto una nenia così lunga e dolce che Argo, per la prima volta, s'addormentò completamente.
E fu allora che Ermes, sguainata la spada, gli tagliò d'un colpo solo la testa. "Scappa, Io, scappa !", gridò il dio alato, ma Era sentì e piena di rabbia mandò dietro alla giovenca in fuga un tafano. L'insetto pungeva Io e la poverina correva e correva...
Arrivò fino in Egitto e lì s'inginocchiò esausta, supplicando Zeus di aiutarla. Il dio, commosso, ottenne il perdono di Era, che concesse a Io di tornare ad essere donna. In memoria del fedele Argo, ucciso da Ermes, Era trasferì i suoi magici occhi sulla coda dell'uccello divino, il pavone.
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