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7 ott 2018

Lo zenzero e la sua storia millenaria

Lo zenzero e la sua storia millenaria
Lo zenzero è una spezia dalle molte proprietà e viene impiegata da millenni anche nelle pratiche ayurvediche orientali che le attribuiscono qualità quasi miracolose. Lo zenzero (pronuncia /*ˈʣenʣero/ o /*ˈʣɛnʣero, +ʒénʒero) (Zingiber officinale Roscoe, 1807) è una pianta erbacea delle Zingiberaceae (la stessa famiglia del cardamomo) originaria dell'Estremo Oriente. 

Anticamente era detta anche gengiovo e talvolta oggi è commercializzata col nome inglese di ginger. Coltivata in tutta la fascia tropicale e subtropicale, è provvista di rizoma carnoso e densamente ramificato dal quale si dipartono sia lunghi fusti sterili e cavi, formati da foglie lanceolate inguainanti, sia corti scapi fertili, portanti fiori giallo-verdastri con macchie porporine. 

Il frutto è una capsula divisa da setti in tre logge. Il rizoma contiene i principi attivi della pianta: olio essenziale (composto in prevalenza da zingiberene), gingeroli e shogaoli (principali responsabili del sapore pungente), resine e mucillagini, e presenta in modo più pronunciato il sapore e l'aroma tipico che lo vedono ampiamente utilizzato come spezia, specie in forma essiccata e polverizzata, o fresco in fette sottili. Gli stessi sono in misura minore contenuti anche nel legno di zenzero, utilizzato ad esempio per spiedini, soprattutto di pesce. 



Nella cucina giapponese lo zenzero è normalmente servito in forma di pickle (sottaceto agrodolce) con il sashimi. Nelle varie cucine indocinesi è spesso utilizzato anche nella preparazione di zuppe e piatti con salse. Il rizoma fresco, con l'ebollizione, consente la coagulazione del latte come altre sostanze di origine animale o vegetali (caglio) ed è largamente impiegato anche nella preparazione di tisane. 

Entra nella preparazione di bevande analcoliche come il ginger ale e la ginger beer e in una varietà del cioccolato modicano. L'uso dello zenzero ("gengiovo") nella manifattura dolciaria fiorentina di età medievale è attestato dalla sesta novella dell'ottava giornata del Decamerone.

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