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30 apr 2019

Arte italiana dell’Ottocento: fino al 16 giugno a Forlì

 Arte italiana dell’Ottocento: fino al 16 giugno a Forlì
Fino al 16 giugno a Forlì c’è in mostra la grande arte italiana dell’Ottocento, con opere di Hayez, Segantini, Induno, De Nittis, Boccioni, Balla e molti altri, e interessanti percorsi didattici e laboratori per le scuole. 

In sezione possiamo avvicinare i bambini al disegno e all’arte con il classico Corso di disegno di Edizioni del Borgo.

La mostra forlivese ai Musei San Domenico del 2019 si occuperà della grande arte italiana dell’Ottocento nel periodo che intercorre tra l’ultima fase del Romanticismo e le sperimentazioni artistiche del nuovo secolo, tra l’Unità d’Italia e la Grande Guerra

La locuzione attribuita a uno dei protagonisti del nostro Risorgimento, Massimo d’Azeglio, «Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani», rimane in sé un’espressione chiave di riflessione sulla nostra storia: come sia stata costruita e creata l’identità nazionale negli anni che hanno fatto seguito all’Unità d’Italia, come sia stata raffigurata l’autobiografia di una nazione, come gli italiani, prima divisi in diverse realtà politiche, sociali e culturali locali, abbiano vissuto l’aspirazione e la realtà di diventare un solo popolo, condividendo una storia comune. 


Ricostruire attraverso la pittura e la scultura le vicende dell’arte italiana nel mezzo secolo che ha preceduto la rivoluzione del Futurismo consente di capire criticamente come l’arte sia stata non solo un efficace strumento celebrativo e mediatico per creare consenso, ma anche il mezzo più popolare per far conoscere agli italiani i percorsi esaltanti e contraddittori di una storia antica e recente caratterizzata da slanci comuni e da forti tensioni e divisioni. 

L’arte è stata un formidabile laboratorio per far conoscere e riscoprire le meraviglie naturalistiche del “bel paese” e quelle artistiche delle città che le esigenze della modernità stavano irrimediabilmente trasformando, per presentare la varietà e il fascino degli usi e costumi delle diverse identità locali, per trasmettere l’eccellenza di tecniche artistiche di epoca rinascimentale, ancora richieste in tutto il mondo. 

Grazie a una selezione di opere eccellenti le sezioni della mostra forlivese ricostruiranno, attraverso un viaggio immersivo nel tempo e nello spazio, i percorsi dei diversi generi: quello storico, la rappresentazione della vita moderna, l’arte di denuncia sociale, il ritratto, il paesaggio e la veduta, temi culturali e sociali nuovissimi, di impatto popolare e dal significato universale. 

La varietà dei linguaggi con cui sono stati rappresentati consentiranno di ripercorrere le sperimentazioni stilistiche che hanno caratterizzato il corso dell’arte italiana nella seconda metà dell’Ottocento e alle soglie del nuovo secolo, in una coinvolgente dialettica tra tradizione e modernità. 

Si passerà dall’ultima fase del Romanticismo e del Purismo al Realismo, dall’Eclettismo storicista al Simbolismo, dal Neorinascimento al Divisionismo presentando i capolavori, molti dei quali ancora da riscoprire, dei protagonisti di quei tormentati decenni. 

L’esposizione presenterà anche una sezione sulla mostra fiorentina Ritratto italiano dalla fine del secolo XVI all’anno 1861, che a Palazzo Vecchio nel 1911, in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia, propose una straordinaria narrazione di come si fosse delineata l’immagine degli italiani nei secoli precedenti l’unità nazionale, attraverso la testimonianza di un genere meno vincolato alle regole quale il ritratto. 

Per evocare questa epocale rassegna la mostra ai Musei San Domenico presenterà per la prima volta un confronto tra alcuni capolavori esposti allora a Firenze e i nuovi protagonisti della scena artistica dell’epoca. 

A Forlì saranno presenti, nella loro più importante produzione, pittori come Induno, Molmenti, Faruffini, Maccari, Muzzioli, Costa, Fattori, Signorini, Ciseri, Corcos, Michetti, Lojacono, Previati, Morbelli, Nomellini, Tito, Sartorio, De Nittis, Pellizza da Volpedo, Boccioni, Balla; e scultori come Vela, Cecioni, Monteverde, Gemito, Canonica, Bistolfi e Medardo Rosso. 

I due fuochi, iniziale e finale del percorso espositivo, Francesco Hayez e Giovanni Segantini, tracciano un confine simbolico tra il recupero della classicità e il rinnovamento di un secolo. Hayez è il primo e l’ultimo dei romantici, è il pittore protagonista del Risorgimento dell’arte italiana, colui che ha saputo elaborare un modello figurativo nazionale nella forma della pittura europea rimeditando i canoni del Cinquecento e del Seicento attraverso la lezione di Raffaello, Tiziano, Reni e Tiepolo.

Segantini, dopo il primo confronto con Millet, si allinea progressivamente con i grandi europei post-impressionisti vivendo pienamente la rivoluzione moderna del Divisionismo, che in mostra sarà evocata anche dalle opere di Pellizza da Volpedo, Previati e Michetti. 

Se il veneziano Hayez fa di Milano, vera capitale culturale dell’Ottocento italiano, il luogo di elezione della sua rivoluzionaria militanza artistica, Segantini sceglie, invece, l’anfiteatro eterno, intatto, epico delle Alpi per le sue innovative rappresentazioni volte alla ricerca della luce attraverso il divisionismo dei colori che gli permette di costruire la sua personalissima trama della modernità. All’inizio e alla fine del Secolo, entrambi sono pittori del rinnovamento dell’arte italiana. Se Hayez viene consacrato da Mazzini pittore della nazione, Segantini avrà da D’Annunzio, nella sua Ode in morte del pittore, analogo alto riconoscimento.

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