"Ancora guerra. Ancora sofferenze immotivate, delle quali nessuno beneficia; ancora menzogne, ancora gente inebetita e inferocita", scrive Lev Tolstoj nel 1904 sul Times inglese perché respinto dalla censura zarista russa, proseguendo: "Cosa è tutto questo? È un sogno o la realtà? Sta accadendo qualcosa che non dovrebbe accadere, che non piò essere; vorrei fosse un sogno. Eppure non è un sogno ma una terribile realtà".
Lo si legge in uno scritto dall'esemplare titolo 'Ravvedetevi!' del 1904 in cui il grande scrittore spiega, a proposito del conflitto russo-giapponese, come il governo zarista, col pretesto del patriottismo, spinga all'odio verso altre nazionalità.
Il testo fa parte di un libretto, curato da Verdiana Neglia, in cui riunisce anche altri due scritti pacifisti dell'autore di Guerra e pace: 'Le due guerre' del 1898, sulla guerra ispano-americana contro la quale invita tutti a dar vita a "una guerra contro la guerra", e 'Patriottismo o pace?' del 1896, lettera-commento a uno scontro aspro tra stati del Nord America e Inghilterra per i confini venezuelani,i quali ci avvertono sui gravi pericoli di nuovi e sanguinosi conflitti.
L'abisso verso il quale ci stiamo dirigendo è ben visibile: armandoci sempre di più e distruggendoci a vicenda nelle guerre, non otterremo nient'altro che l'annientamento reciproco, come ragni intrappolati nella propria ragnatela.
Tolstoj fa notare l'improvviso incitarsi alla violenza degli uni contro gli altri, affermando di amare al di sopra di tutto la pace.
Invitando a uccidere - dice - invocano Dio e "la sua benedizione sul crimine peggiore del mondo".
E questo capita a tutte le, vittime della propaganda, "per non parlare dei militari, che per professione si preparano all'omicidio". E trova appoggio alle sue argomentazioni citando il Vangelo di Luca come Isaia, Voltaire e Jonathan Swift, Anatol France come Guy de Maupassant.
Poi, in un altro passo, si chiede come si potrà mai fermare tale spinta umana all'autodistruzione coll'invenzione "di mezzi di sterminio sempre più terribili", trovando che "l'unica risposta ragionevole al significato della vita umana, espressa millenovecento anni fa, sia quella della religione cristiana"', l'evangelico amarsi gli uni con gli altri.
E Paolo Nori chiude la sua breve introduzione chiedendoisi "come mai, non siamo capaci di farlo? Sembra così semplice".
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