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17 ott 2017

L'isola di Sachalin di Anton Cechov

L'isola di Sachalin di Anton Cechov
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Anton Cechov volle documentare come fossero realmente trattati i deportati della Russia zarista, nella colonia penale dell'isola di Sachalin, situata nella Siberia orientale, tra la penisola della Kamchakta e il Giappone. Molti studiosi hanno cercato di capire quale fosse il movente che abbia spinto il poeta a compiere tale azione... 

Delusione per come erano stati accolti i suoi ultimi drammi? L'intellighenzia moscovita ''nobile, apatica, fredda, che filosofeggia con indolenza, priva di patriottismo, depressa e spenta? Anton Cechov annota su un diario i suoi mille incontri di viaggio tra osti, vetturini e abitanti o funzionari di quella terra estrema. 


Eccolo così convinto che tra 50 o 100 anni ''il carattere delle nostre pene'' desterà lo stesso imbarazzo che oggi ''destano in noi lo strappare le narici o tagliare un dito'', pronto insomma a denunciare l'orrore di quelle vite e di come vengono trattate, di quanto vengono fatte lavorare e a ospitate in tuguri e di quanto male vengano nutrite, con cibi e pani avariati e senza alcuna possibile qualità. 

Che dire, inoltre, delle punizioni aspre, dalla condanna a morte alle fustigazioni con decine e decine di colpi? E poi ''il direttore della prigione... nutre sfortunatamente un'insana passione per la frusta''): tanto che sembra Cechov si senta impotente a riferirle davvero in un libro, a parole, viste le cose terribili cui assiste tenendo a parte le proprie emozioni tra pietà e rabbia impotente. 

''Mi sembra di avere visto tutto, ogni singola pagliuzza. E se mi fosse sfuggito l'elefante?'', affermava Cechov. Quasi come se sentisse che qualsiasi resoconto non cogliesse poi il nodo vero, il nucleo nascosto e centrale di qualcosa che andava oltre l'immaginabile.

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