Artemide, figlia di Zeus e di Latona, rappresenta la luna, così come Apollo, suo fratello gemello, è il sole. Caccia di notte nei boschi circondata dalle ninfe, non vuole sposarsi ed è d'animo vendicativo.
Latona, amata da Zeus, aveva scatenato l'ira di Era sposa del dio, e peregrinava senza pace da un paese all'altro perché nessuna terra, temendo la vendetta di Era, voleva accoglierla. Finalmente giunse su uno scoglio deserto vagante sul mare, dove non era ancora arrivata notizia delle minacce di Era, e poté fermarsi per dare alla luce due gemelli, figli di Zeus.
Lo scoglio si fissò nel fondo del mare con due immense colonne. Diventò così l'isola sacra di Delo. I due gemelli, Apollo e Artemide, erano stupendi e la madre era orgogliosa di loro.
Ma un giorno udì una mortale vantarsi di averla superata, avendo partorito ben quattordici figli, tutti belli e intelligenti, mentre Latona ne aveva solo due.
Questa madre vanitosa era la ricca Niobe, moglie di Anfione, re di Tebe e figlio di Zeus. Latona arse di sdegno e chiamò in aiuto i figli : "Quella donna ci ha offesi! Su , dimostratele che voi due, da soli, valete più di quattordici principi!" Apollo e Artemide non se lo fecero ripetere.
Aspettarono che Niobe riunisse a banchetto tutti i suoi figli, poi tesero l'arco: Apollo colpì uno dopo l'altro i ragazzi, Artemide mirò alle fanciulle e ogni sua freccia raggiungeva il bersaglio. Morirono in dodici, perché un maschio e una femmina, Amicla e Melibea, implorando Latona ottennero salva la vita.
Per nove giorni Niobe vegliò i figli uccisi, impietrita dal dolore, finché gli dei ebbero pietà di lei.
Zeus la trasportò sul monte Sìpilo dove la trasformò in una rupe, perché non ricordasse e non soffrisse più. Ma la leggenda dice che ancora adesso, quando soffia il vento, quel sasso geme. E dalle fessure sfuggono lacrime.
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