Angelin Preljocaj porta al teatro dell’Opera di Roma la sua Biancaneve (Blanche Neige, il titolo originale). Più thriller che fiaba, più analisi sociale che morale, è stata interpretata dal primo ballerino Claudio Cocino (il principe), dall’étoile Rebecca Bianchi (Biancaneve), Virginia Giovanetti (la regina) e dal corpo di ballo, diretto da Eleonora Abbagnato, con generosità e precisione, dimostrando crescita professionale anche con questo repertorio.
E applaudita venerdì, al debutto (repliche fino al 9 maggio), da un pubblico divertito, piacevolmente sconcertato, entusiasta.
Il lavoro, che il coreografo franco-albanese, 62 anni, ha presentato alla Biennale di Lione del 2008, arriva per la prima volta al Costanzi dopo più di dieci anni di repliche in tutto il mondo senza neanche una “ruga”, come la dark lady che sfida a duello la ragazza in fiore.
E si conferma uno spettacolo a tinte forti, con creatività e spessore destinati a non invecchiare, grazie anche alla sontuosa musica di Mahler e alla collaborazione con un maestro dell’irriverenza: lo stilista Jean Paul Gaultier che ha aggiunto stoffa e genialità alla performance.
I nani-minatori sfoggiano tute hi-tech, i gatti body in lurex, Biancaneve veli morbidi come il suo sguardo, la regina mantelli e guêpière aggressivi quanto il suo modo di stare al mondo e di danzare.
Non rinuncia, Preljocaj, alla commovente favola dei Fratelli Grimm (dallo specchio magico al cervo senza cuore, c’è tutto), ma aggiunge sangue e sensualità.
Mettendo a disposizione del pubblico più di una lettura, una «torta millefoglie» (la definizione è sua) dell’interpretazione.
I bambini che vedono lo spettacolo ritrovano le loro certezze nei personaggi classici. Agli adulti propone una sorta di complesso di Edipo ribaltato, con due modelli femminili che si confrontano, figlie che si affacciano al mondo, madri che non si arrendono. E agli appassionati della danza, offre piacere allo stato puro: la coreografia con un ritmo hitchcockiano fa procedere il racconto utilizzando tutti i passi del repertorio, “addomesticati” al suo linguaggio.
Le geometrie della gerarchia sociale nel ballo iniziale, gestualità animale, tattile (ha chiesto agli interpreti di annusarsi) nell’incontro amoroso nel bosco, movimenti ancorati al suolo per la regina. La carriera di Preljocaj alterna fasi sperimentali (ora sta lavorando a uno spettacolo sulla gravità) a momenti più narrativi.
Ma il suo stile rimane comunque inconfondibile così come la lucidità nel confrontarsi con figure che appartengono all’immaginario collettivo, proprio come Biancaneve. Conserva i simboli, ma li lascia liberi di reinterpretarsi. La mela avvelenata, in uno dei momenti più sanguinari della serata, viene brandita come un coltello. E le due donne, assassina e vittima, restano avvinghiate nel delitto, come si alimentassero l’una dell’altra.
Toccante, il bacio: solitamente tra i più casti della fantasia popolare, diventa qui un passo a due sensualissimo. Non sono le labbra a risvegliare la fanciulla dalla morte, ma il desiderio, la carnalità, la passione, che aspettano di essere consumati.
Aperto il finale: a nozze celebrate, la “celebrazione” della Regina che nonostante la brace rovente, continua il suo ballo infernale. Non c’è più spazio per le lacrime nelle favole del Ventunesimo secolo.
Nessun commento:
Posta un commento