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25 set 2020

Il povero e i mille grossi (Favola greca)

Se qualcuno chiedesse alla gente cosa occorre per essere felici, le risposte sarebbero talmente tante da non saper che pesci prendere. Nessuno, però, oserebbe dire che per esser felici occorre esser poveri. E questo sembrava impossibile anche a noi, fino a quando, un bel giorno, venimmo a conoscenza della storia di un uomo molto particolare… 

Costui era povero, molto povero, e per tutto il giorno non faceva altro che lavorare. Come lui i figli e la moglie: stanchi morti tutte le sere. 

Eppure dopo cena, quando l’intero quartiere avrebbe scommesso che quella famiglia stava già dormendo della grossa, dalle mura della loro casa si sentiva la gioia della festa. - Prendi la chitarra, papà – diceva il figlio più piccolo.

 - Suona quella di ieri – aggiungeva ridendo un altro. La moglie sistemava le sedie in cerchio, prendeva in braccio una delle figliolette, le dava un sonaglio, e la faceva trottare sulle ginocchia. A quel punto il padre cominciava a suonare, e per due ore sembrava che la povertà e la fatica non fossero mai esistite. 

Gioia, solo gioia! - Questa ve la ricordate? – chiedeva ammiccando il padre – cantala tu la prima strofa, Pietro… La casa vicina era abitata da un uomo molto ricco, che tutte le sere veniva distratto dalla musica e dalle risate della povera famigliola. Lui si guardava intorno e pensava: - Ho tutto quello che può desiderare un uomo. Se adesso volessi mangiare il piatto più buono del mondo, almeno dieci cuochi farebbero a gara per portarmelo. Non mi manca niente. Ho dieci automobili, chissà quante barche. Ho tutto. Guarda quelli invece – indicava i balletti della famigliola che si intravedevano dalla casa di fronte – non hanno niente e sono felici. Credo proprio che li regalerò dei soldi. Chissà con quelli quanto saranno felici, se riescono ad esserlo senza. 

Il giorno dopo il ricco suonò alla porta del povero. - Caro vicino. Sei un uomo onesto, lo so. Ti meriti questi soldi. Prendili e sii felice, fanne ciò che vuoi. - Grazie vicino, non dovevi. Ma non so come… - No, non dire niente. La vostra famiglia mi mette allegria. Vi sento tutte le sere. Consideralo un gesto di gratitudine. - Come vuoi… Rientrato in casa, il povero si sedette e pensò a cosa fare di quei soldi. Non fece altro per tutto il pomeriggio. 

Le idee gli si arrovellavano nella testa, ma nessuna sembrava buona, nessuna dava un senso a tutti quei soldi. Quei soldi in casa sua…. Mah…. - Compriamo una vigna, cara? – chiese alla moglie quando si fece sera. - Ma caro, io sto bene così, ti voglio bene… - Anch’io ti voglio bene, ma dovremo pur farne qualcosa, di ‘sti soldi, no? Si intromise il figlio più piccolo: - Dov’è la chitarra, papà? - La chit..? oh, per favore, non vedi che papà è impegnato? Vai in camera tua, questa sera niente chitarra. Possibile che qui interessi solo a me quello che accade in questa casa. 

Quella fu la prima sera che nella sua cosa non si ballò e non si cantò. I figli erano tutti rattristati, la moglie incredula e sul punto di piangere. L’uomo si chiuse nel silenzio e per quattro giorni non fece altro che pensare ai soldi. Alla fine li prese, in mano, li pesò, li guardò a fondo. Poi guardò i suoi figli, zitti e fermi. E fu allora che decise. 

Senza esitare, uscì di casa, si diresse dal vicino e ridandogli i soldi, disse: - Ti ringrazio, caro vicino, perché mi hai fatto capire cos’è la felicità. E non ha niente a che fare con questi soldi. La sera stessa la musica della povera famigliola tornò a risuonare nel quartiere. E non smise più.

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