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26 mar 2019

Topolino di Luigi Capuana

 Topolino di Luigi Capuana
C'era una volta un Re, che più non viveva tranquillo, dal giorno in cui una vecchia indovina gli aveva detto:
- Maestà, ascoltate bene:
Topolino non vuol ricotta;
vuol sposare la Reginotta;
E se il Re non gliela dà,
Topolino lo ammazzerà.
Il Re consultò subito i suoi ministri; ed uno di loro disse:
- Maestà, è mai possibile che un topolino voglia sposare la Reginotta? Io credo che quella donna si sia beffata di voi.
Ma gli altri non furono dello stesso parere.
- Per evitare la disgrazia, bisogna distruggere tutti i topi del regno, mentre la Reginotta trovasi ancora nelle fasce.

I tre anelli di Luigi Capuana

I tre anelli  di Luigi Capuana
C’era una volta un sarto che aveva tre figliuole, una più bella dell’altra. Sua moglie era morta da un pezzo, e lui si stillava il cervello per riuscire a maritarle. Le ragazze non avevano dote, e senza dote un marito è un po’ difficile a trovarsi.
Un giorno questo povero padre pensò d’andarsene in una pianura e chiamare la Sorte:
- Sorte, o Sorte!
Gli apparve una vecchia, con la conocchia e col fuso:
- Perché mi hai tu chiamata?
- Ti ho chiamata per le mie figliuole.
- Portale qui ad una ad una; si sceglieranno la sorte con le loro mani.

Il buon uomo, tornato a casa tutto contento, disse alle figliuole:
- La vostra fortuna è trovata!
E raccontò ogni cosa. Allora la maggiore si fece avanti, ringalluzzita:
- La prima scelta tocca a me. Sceglierò il meglio!

L'albero che parla di Luigi Capuana

 L'albero che parla di Luigi Capuana
C'era una volta un Re che credeva d'aver raccolto nel suo palazzo tutte le cose più rare del mondo. Un giorno venne un forestiere, e chiese di vederle. Osservò minutamente ogni cosa e poi disse:
"Maestà, vi manca il meglio." 
"Che cosa mi manca?" 
"L'albero che parla." 

Infatti, tra quelle rarità, l'albero che parlava non c'era.Con questa pulce nell'orecchio, il Re non dormì più. Mandò corrieri per tutto il mondo in cerca dell'albero che parlava. Ma i corrieri tornarono colle mani vuote. Il Re si credette canzonato da quel forestiere, e ordinò d'arrestarlo.
"Maestà, se i vostri corrieri han cercato male, che colpa ne ho io? Cerchino meglio." 
"E tu l'hai veduto, coi tuoi occhi, l'albero che parla?" 
"L'ho veduto con questi occhi e l'ho sentito con queste orecchie." 
"Dove?" 
"Non me ne rammento più." 
"E che cosa diceva?" 
"Diceva «aspettare e non venire è una cosa da morire». 

Era dunque vero! Il Re spedì di bel nuovo i suoi corrieri.

Ranocchino di Luigi Capuana

 Ranocchino di Luigi Capuana
Questa è la bella storia di Ranocchino porgi il ditino, e sentirete qui appresso perché si dica così.

Si racconta dunque che c'era una volta un povero diavolo, il quale aveva sette figliuoli, che se lo rodevano vivo. Il maggiore contava dieci anni, e l'ultimo appena due.

Una sera il babbo se li fece venire tutti dinanzi.

- Figliuoli - disse - son due giorni che non gustiamo neppure un gocciolo d'acqua, ed io, dalla disperazione, non so più dove dar di capo. Sapete che ho pensato? Domani mi farò prestar l'asino dal nostro vicino, gli porrò le ceste e vi porterò attorno per vendervi. Se avete un po' di fortuna, si vedrà.

I bimbi si misero a strillare; non volevano esser venduti, no! Solo l'ultimo, quello di due anni, non strillava.

- E tu, Ranocchino? - gli domandò il babbo, che gli avea messo quel nomignolo perché era piccino quanto un ranocchio.

- Io son contento - rispose.

E la mattina quel povero diavolo se lo prese in collo, e cominciò a girare per la città.

- Chi mi compra Ranocchino! Chi mi compra Ranocchino!

Ma nessuno lo voleva, un cosino a quella maniera!

S'affacciò alla finestra la figlia del Re.

- Che cosa vendete, quell'uomo?

- Vendo questo bimbo, chi lo vuol comprare.

La Reginotta lo guardò, fece una smorfia e gli sbatacchiò le imposte sul viso.

- Bella grazia! - disse quel povero diavolo. E riprese ad urlare:

- Chi mi compra Ranocchino! Chi mi compra Ranocchino!

Ma nessuno lo voleva, un cosino a quella maniera!

Quel povero diavolo non avea coraggio di tornare a casa, dove gli altri figliuoli lo aspettavano come tant'anime del purgatorio, morti di fame.

Le arance d'oro di Luigi Capuana

Le arance d'oro di Luigi Capuana
Si racconta che c'era una volta un Re, il quale aveva dietro il palazzo reale un magnifico giardino. Non vi mancava albero di sorta; ma il più raro e il più pregiato, era quello che produceva le arance d'oro. 

Quando arrivava la stagione delle arance, il Re vi metteva a guardia una sentinella notte e giorno; e tutte le mattine scendeva lui stesso a osservare coi suoi occhi se mai mancasse una foglia.

Una mattina va in giardino, e trova la sentinella addormentata. Guarda l'albero... Le arance d'oro non c'erano più!
"Sentinella sciagurata, pagherai colla tua testa." 
"Maestà, non ci ho colpa. È venuto un cardellino, si è posato sopra un ramo e si è messo a cantare. Canta, canta, canta, mi si aggravavano gli occhi. Lo scacciai da quel ramo, ma andò a posarsi sopra un altro. Canta, canta, canta, non mi reggevo dal sonno. Lo scacciai anche di lì, e appena cessava di cantare, il mio sonno svaniva. Ma si posò in cima all'albero, e canta, canta, canta.. ho dormito finora!" 

Il Re non gli fece nulla. Alla nuova stagione, incaricò della guardia il Reuccio in persona. Una mattina andò in giardino e trova il Reuccio addormentato. Guardò l'albero... le arance d'oro non c'erano più! Figuriamoci la sua collera!
"Come? Ti sei addormentato anche tu?" 
"Maestà, non ho colpa. È venuto un cardellino, si è posato sopra un ramo e si è messo a cantare. Canta, canta, canta, mi s'aggravavano gli occhi. Gli dissi: cardellino traditore, col Reuccio non ti giova! Ed esso a canzonarmi: il Reuccio dorme! il Reuccio dorme! Cardellino traditore, col Reuccio non ti giova! Ed esso a canzonarmi: il Reuccio fa la nanna! il Reuccio fa la nanna! E canta, canta, canta, ho dormito finora!" 

25 mar 2019

Spera di sole di Luigi Capuana

Spera di sole. di Luigi CapuanaC'era una volta una fornaia, che aveva una figliuola nera come un tizzone e brutta più del peccato mortale. Campavan la vita infornando il pane della gente, e Tizzoncino, come la chiamavano, era attorno da mattina a sera: - Ehi, scaldate l'acqua! Ehi, impastate! - Poi, coll'asse sotto il braccio e la ciambellina sul capo, andava di qua e di là a prender le pagnotte e le stiacciate da infornare; poi, colla cesta sulle spalle, di nuovo di qua e di là per consegnar le pagnotte e le stiacciate bell'e cotte. Insomma non riposava un momento.

Tizzoncino era sempre di buon umore. Un mucchio di filiggine; i capelli arruffati, i piedi scalzi e intrisi di mota, in dosso due cenci che gli cascavano a pezzi; ma le sue risate risonavano da un capo all'altro della via.
- Tizzoncino fa l'uovo - dicevan le vicine.

All'Avemaria le fornaie si chiudevano in casa e non affacciavano più nemmeno la punta del naso. D'inverno, passava... Ma d'estate, quando tutto il vicinato si godeva il fresco e il lume di luna? O che eran matte, mamma e figliuola, a starsene tappate in casa con quel po' di caldo?... Le vicine si stillavano il cervello.
- O fornaie, venite fuori al fresco, venite!
- Si sta più fresche in casa.
- O fornaie, guardate che bel lume di luna, guardate!
- C'è più bel lume in casa.