“Mi arrampicai sul nostro mandorlo: Abbas e io l’avevamo soprannominato Shahida, testimone, perché passavamo così tanto tempo tra i suoi rami a guardare gli arabi e gli ebrei che ormai era un compagno di giochi, e si meritava un nome.
L’ulivo a sinistra di Shahida era Amal, speranza, e quello a destra era Sa’dah, felicità.”
Palestina, metà degli anni cinquanta. Mentre il conflitto arabo-israeliano infiamma, Ichmad scopre per la prima volta la violenza e la paura.
La sua famiglia viene costretta dall’esercito israeliano a trasferirsi in un misero fazzoletto di terra rallegrato soltanto da una pianta di mandorlo, unica fonte di sostentamento e ristoro.
