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6 feb 2018

Le microplastiche inquinano gli oceani più incontaminati

Le microplastiche inquinano gli oceani più incontaminati
I grandi animali marini rischiano la vita, a causa delle microparticelle che ostacolano molte funzioni vitali.  Infatti, secondo uno studio dell'Università di Siena,  effettuato in collaborazione con vari scienziati australiani,  le microplastiche, particelle di meno di 5 millimetri, derivate dalla degradazione di rifiuti cellulosici, inquinerebbero gli oceani più incontaminati e, avrebbero un devastante impatto sulla salute dei grandi animali marini

A lanciare l'allarme un gruppo di scienziati dell'Università di Siena e della Marine Megafauna Foundation, della Murdoch University (Australia), che insieme hanno svolto uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica internazionale "Trends in Ecology & Evolution". 

"Grazie a questo studio portiamo all'attenzione internazionale il problema dell'impatto delle microplastiche sulla salute dei grandi animali marini, e lanciamo un allarme per un problema di portata mondiale" spiega la professoressa Maria Cristina Fossi dell'Università di Siena, che è stata una delle prime scienziate a studiare l'impatto degli inquinanti e delle sostanze tossiche contenute nella plastica sulla salute di balene e squali. "


La plastica e microplastica, nei mari e negli oceani, costituisce un problema globale, che impatta tutta la catena alimentare. Studiando i grandi animali, che si nutrono di plancton o di prede, e che accumulano grandi quantità di inquinanti attraverso la loro alimentazione, si osserva la portata del problema sulla fauna marina. Da anni, ormai, è noto che la microplastica, nel mar Mediterraneo,  mare chiuso e densamente popolato, è ad un livello allarmante. 

Secondo lo studio appena pubblicato, anche negli oceani considerati più puliti la fauna marina subisce i danni dell'inquinamento da plastica. Ad esempio, il mare di Cortez, nella bassa California,  inun tratto di oceano popolato da molti grandi animali marini, si conta una presenza di 0,7 frammenti di plastica per metro cubo. Dunque uno squalo balena, in quell'ambiente quasi incontaminato, ingerisce circa 170 particelle di plastica al giorno. 

Precedenti studi dell'Università di Siena effettuati nel Mediterraneo hanno evidenziato nel plancton e negli organismi plantofagi un alto livello di ftalati, composti additivi della plastica nocivi per la salute dei mammiferi e classificati come "distruttori endocrini". 

Si tratta di sostanze che vengono metabolizzate e possono avere effetti tossici sui cetacei, interferendo anche con la riproduzione. L'esposizione alle tossine associate alla plastica può essere una importante minaccia alla salute di questi animali perché interferisce sugli ormoni che regolano la crescita, lo sviluppo, il metabolismo e le funzioni riproduttive.

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