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12 feb 2019

GIAPPONE – Lo tsunami nucleare di Fukushima

L’11 marzo 2011 il Giappone viene sconvolto da un terremoto di portata catastrofica con una scossa di magnitudo 9 al largo delle coste di Tohoku, la più potente mai registrata nel Paese. Dopo pochi minuti uno tsunami con onde alte più di 30 metri muta per sempre i confini e il profilo di un’intera regione. 

Il blackout che segue il terremoto e lo tsunami mettono in ginocchio i sistemi di sicurezza delle centrali nucleari che costituiscono la colonna dorsale energetica del gigante nipponico. Non riuscendo più a contenere il surriscaldamento e la pressione interna, nella centrale di Fukushima esplode il reattore n. 1.


Per evitare nuove esplosioni e fusioni di barre di combustibile vengono aperte valvole di sfogo in atmosfera, mentre per intensificare il raffreddamento si decide di usare l’acqua dell’oceano. Il disastro è inevitabile e tutta la zona viene dichiarata off limits. 

Nei giorni successivi si verifica la fusione del nocciolo anche i reattori 2 e 3. Nel raggio di 30 km lo sgombero interessa più di 110.000 persone, di cui, oggi, più di 21.000 vivono ancora fuori dalle loro abitazioni. 

L’incidente di Fukushima dimostra ancora una volta che l’industria incamera i profitti e la gente paga i danni. Due anni dopo l’incidente, centinaia di migliaia di persone sono ancora esposte alla contaminazione radioattiva a lungo termine. 

Queste vittime non hanno ancora ottenuto un risarcimento equo e tempestivo mentre allo stesso tempo l’industria nucleare continua a eludere le proprie responsabilità per il disastro. La nazionalizzazione di TEPCO nel giugno 2012 chiarisce che a pagare il conto di Fukushima alla fine saranno i cittadini giapponesi. 

La richiesta dell’azienda elettrica al Fondo per la responsabilità civile per i danni nucleari per i pagamenti di compensazione è salita a 3.240 mila miliardi di yen (36,5 miliardi di dollari) alla fine di dicembre 2012. 

Allo stesso tempo, il governo giapponese ha iniettato nell’azienda elettrica altri 1.000 miliardi di yen (circa 12,5 miliardi di dollari) nel maggio 2012 per salvarla dalla bancarotta, per un totale di 3.500 miliardi di yen dall’incidente.

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