Da quando è nato nostro figlio mi è stato chiesto centinaia di volte che cosa provassi, come fosse il bambino, come mi sentissi a essere padre.
Per quanto inebetito d'amore, non ho mai saputo rispondere.
L'unica cosa che sono riuscito a fare, nel suo primo mese di vita, è stato aprire il quaderno e appuntare piccole poesie in cui registravo gli accadimenti minimi che, impilati, davano forma a quello sproposito che non riuscivo a dire altrimenti. L'evento è minimo: non pesa nemmeno tre chili, occupa uno spazio irrisorio, ma si allarga dovunque e si mangia tutte le parole. Muti, lì davanti, ci sono una madre sbalordita e un padre impacciato.
Eredi di una tradizione poetica dell'intimità e delle accensioni del quotidiano - tradizione letteraria illustre e nello stesso tempo accessibile e amatissima dai lettori più diversi, oggi testimoniata dal successo pop di una poesia intima e quotidiana, tra canzone e meditazione -, queste brevi poesie di "accadimenti minimi" sanno cogliere e dare forma ai primi gesti di vita e di cura, ai cambiamenti grandi e piccoli e a tutta la sconcertante sorpresa per un figlio che arriva.
E soprattutto, trionfante a ogni pagina, quel misterioso amore, quell'impreparata devozione, che si prova al primo mese di un neonato, quando i bambini sono ancora cuccioli di umani, fagotti disposti per casa, odore di legno nuovo, bisogni primari, un sogno e un bisogno perenne.
Sulla soglia del libro, Andrea Bajani ci accompagna con una premessa che ne racconta la genesi e l'urgenza - e non c'è modo migliore per capire di quale materia, calda e dolcemente trasognata, siano fatte queste pagine:
"Quello che ho provato a far volare in queste strofe è quell'amore unico che si prova soltanto per chi ci segue sulla riga del tempo: è unico perché viene prima, persino prima che il bambino faccia la sua apparizione. Un figlio, questo solo mi sembra di poter dire con certezza, è l'unico essere umano che si è disposti ad amare - che si ama di un amore sconsiderato - prima ancora di averlo incontrato".
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