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26 mar 2019

Storia di una mamma di Hans Christian Andersen

Storia di una mamma di Hans Christian Andersen
Vegliava una mamma il suo piccino, piena d'angoscia perché temeva che le morisse: era pallido pallido, cogli occhietti chiusi, il respiro come un soffio; di tanto in tanto ansimava affannoso e la povera mamma guardava allora la sua creaturina con tanto dolore negli occhi.
Ecco: pìcchiano all'uscio, ed entra una povera vecchia avvolta ben bene in una grossa e calda coperta; era quel che ci voleva, una coperta simile, con quel freddo 
Fuori, neve e ghiaccio coprivano ogni cosa: soffiava un vento gelato e tagliente.
Siccome la vecchìa tremava di freddo e il bambino s'era allora allora addormentato, la povera mamma pose un po' di birra a riscaldare accanto al fuoco, per offrir la alla povera donna che intanto s'era seduta e cullava il piccino; anche la madre si sedette, accanto a lei, e guardando il piccolo malato, che respirava sempre più affannosamente, e prendendogli una manina, chiese alla vecchia:
Che pensi? Credi anche tu che il mio bambino mi sarà lasciato? Come potrebbe togliermelo il buon Dio?
La vecchìna, che era appunto la Morte, scosse il capo ìn una certa maniera, che poteva voler dire tanto di no quanto di si.
La mamma abbassò gli occhi, e grosse lacrime le scesero lungo le guance: sentì una pesantezza al capo (erano tre giorni e tre notti che non chiudeva occhio) e alla fine si addormentò... oh, ma appena un minuto, un minuto soltanto! ... 


Si scosse, presa da un tremito di freddo, e balzò in piedi.
Che è successo? - gridò; e si guardò intorno, da tutte le parti.
La vecchia non c'era più e neppure il suo piccìno: la vecchia se l'era portato via. 
In un angolo il vecchio orologio ronfava, strideva: il grosso peso di piombo scese giù, giù fin quasi a terra, poi... bum! cadde; l'orologio si fermò. La povera mamma uscì di corsa, chiamando il suo bambino.
Fuori, fra la neve, sedeva una donna vestita tutta di nero che le disse: "La morte è passata da casa tua, l'ho vista scappar via col tuo bambino; corre più del vento, la vecchia, e non rende mai quel che s'è preso!"
"Almeno dimmi che strada ha pigliato!" - pregò la mamma. "Se mi dici la strada saprò trovarla."
"La strada la so," disse la donna vestita di nero "ma se vuoi che te la dica, bisogna che tu mi canti tutte le canzoncine che cantavi per addormentare il tuo piccino. Mi piacciono, sai? Le conosco già: sono la Notte e ho visto le tue lacrime mentre cantavi."
"Tutte tutte, te le canterò! Ma non mi trattenere ora; lasciami raggiungere la vecchia! che io trovi prima il mio bambino!" pregò la mamma.
La Notte rimase muta e ferma; allora la povera mamma, disperata, cantò fra le lacrime. 
Molte erano le canzoni, ma ancora di più le lacrime. 
Finalmente la Notte disse: "Piglia a destra, passa quella nera foresta d'abeti; quella è la strada che ho veduto prendere alla Morte che portava via il tuo bambino."
Proprio dove il bosco era più folto, la strada formava un crocevia, così che la povera mamma non sapeva più da che parte prendere. C'era lì un cespuglio di rovo, nudo di foglie e di gemme, perché era pieno inverno, e coi rami carichi di ghiaccioli.
"Hai veduto per caso passare la Morte col mio caro figliolino?"
"Sì," disse il cespuglio  "l'ho proprio vista; ma non ti dirò che strada ha preso, se tu prima non mi scaldi sopra al tuo cuore. Ho tanto freddo... mi sento proprio gelare..."
La mamma si strinse sul cuore forte forte il cespuglio di rovo per riscaldarlo bene. Le spine le entravano nella carne, il sangue usciva in grosse gocce. Ma ecco il cespuglio mise le sue verdi foglioline, le gemme si schiusero, in quella gelida notte d'inverno: tanto calore ha il cuore di una mamma addolorata! Allora il cespuglio le mostrò quale strada doveva prendere.
Arrivò così in riva a un gran lago nel quale non si vedeva neppure una barchetta. Come passare? Il ghiaccio alla superficie non era spesso abbastanza, ancora, per reggerla; l'acqua non era abbastanza bassa, perché si potesse arrischiare a traversarla a guado. 
Eppure bisognava ch'ella passasse per andare dal suo bambino
Pensò allora di bere il lago... Nessun uomo, al mondo, avrebbe potuto fare una cosa simile! ma la povera mamma addolorata sperò che le accadesse un miracolo.
"No, così non concludi nulla!"  disse il lago. "Vediamo piuttosto se ci si può mettere, d'accordo. Mi piace molto far raccolta di perle, e i tuoi occhi sono le più lucenti che io mai abbia veduto. Vorresti darmeli a furia di piangere e lasciarli cadere dentro di me? In cambio ti porterò all'altra riva; là v'è un grande giardino in cui la Morte trapianta i suoi fiori e i suoi alberi, ognuno dei quali è una vita umana."
"Che cosa non sono pronta a darti, purché tu mi porti dal mio bambino?" disse piangendo la madre.
E pianse ancor più, sempre più, fin che gli occhi caddero in fondo al lago e divennero due perle preziose. Allora, sollevandola a volo, con un solo slancio, il lago la portò dall'altra riva. Qui si levava un edificio immenso, meraviglioso, lungo parecchie miglia. Non si capiva bene che cosa fosse: se una montagna con boschi e caverne, oppure opera dell'uomo. La povera mamma però non lo poteva vedere, perché aveva perso gli occhi a furia di piangere.
"E ora, dove posso trovare la Morte, che ha portato via il mio bimbo?" sospirava.
"Non è ancora arrivata," disse la vecchia delle tombe, che era la guardiana del grande giardino della Morte. - "Ma tu, come hai potuto venir fin qui? chi ti ha aiutata?"
"Iddio m'ha aiutata!" rispose la mamma  "Iddio nella sua misericordia! E anche tu, vero? sarai misericordiosa. Dimmi: dov'è il mio bambino?"
"Già... ma io non lo conosco! e tu sei cieca... Fuori le piante sono appassite in buon numero stanotte e tra poco la Morte verrà a trapiantarle. Tu sai, è vero? che ognuno, secondo la propria sorte, ha il suo albero o il suo fiore in vita; in apparenza son come tutti gli altri alberi e fiori, ma dentro ci batte un cuore. Anche i cuori dei bimbi battono. Tendi bene l'orecchio e forse, fra il battito di tanti cuori, distinguerai quello del tuo piccino. Ma se ti dico quello che devi fare, dopo che cosa mi darai?"
"Non ho più nulla, nulla!" disse la povera mamma. "Ma andrò fino in capo al mondo per te, se vuoi. ..."
"Non c'è proprio nulla che m'interessi in capo al mondo," disse la vecchia. "Potresti darmi invece i tuoi bei capelli così lunghi e neri; lo sai, no? quanto son belli. Mi piacciono proprio! in cambio ti posso dare i miei capelli bianchi: in mancanza di meglio."
"Oh, se non è che questo, son felice di darteli!" disse la mamma. Diede i suoi capelli neri, ed ebbe in cambio quelli canuti della vecchia. Entrarono nel gran giardino della Morte: qui crescevano misti insieme alberi e fiori. In serre di vetro fiorivano esili giacinti; e più in là grandi peonie, forti come alberi: c'eran fiori d'acqua, alcuni ancor freschi, altri semi-appassiti, su cui s'annidavano i molluschi; e i granchi neri si arrampicavano sugli steli. C'eran splendide palme, quercie e platani, e, più in là, prezzemolo e timo fiorito; ogni albero, ogni pianta portava un nome speciale: ognuna era una vita umana. Le persone erano ancor vive, chi nella Cina, chi in Groenlandia, insomma, in tutti i più diversi luoghi della terra. C'eran piante, troppo grosse per il vaso che le conteneva, che crescevano tutte rattrappite, mentre il vaso sembrava sul punto di scoppiare. Ogni tanto si vedeva anche qualche fiorellino delicato, coltivato con cura, in una zolla di terra grassa tutta coperta di musco.
La povera mamma si chinava sulle pianticelle più basse, ascoltava il palpito di tutti quei cuori umani :... erano milioni e milioni, eppure ella riconobbe il suo bambino.
"Eccolo!" esclamò tendendo la mano verso un fiorellino di croco azzurro, appassito e chinato a terra.
"Non lo toccare!" raccomandò la vecchia. "Mettiti vicino a lui, e quando arriva la Morte (che dovrebbe essere qui da un momento all'altro), impediscile di strappare la pianta. Se non ti dà retta, minacciala di fare tu altrettanto con gli altri fiori; vedrai che questo le darà da pensare. Di tutto deve render conto davanti a Dio, e nessun fiore può essere strappato senza il suo permesso."

Ed ecco, ad un tratto, una folata di aria gelida: la povera mamma cieca capì che la Morte si avvicinava.
"Come hai fatto a trovare la strada fin qui?" domandò la Morte. "Come hai fatto ad arrivare più presto dì me?"
"Sono una mamma!"  diss'ella.

La Morte stese la lunga mano per strappare il fiorellino; ma la mamma lo ricopriva ben bene con le sue mani, sebbene tremasse tutta per il timore di toccare una delle foglioline. Ma la Morte le soffiò sulle mani: quel fiato era più gelido del più gelido vento, e le mani ricaddero senza forza. 
"Tu non puoi nulla contro di me!" disse la Morte.
"Ma Iddio può!" rispose ella. 
"Io faccio solamente la sua volontà." disse la Morte. "Sono la sua giardiniera e prendo le sue piante ed i suoi fiori per trapiantarli nel grande giardino del Paradiso, nell'inconoscibile paese. Come poi crescano, e che ci sia lassù, questo non te lo posso dire."
"Rendimi il mio bimbo!" disse la madre. Pianse, supplicò. Poi, a un tratto, afferrò con le due mani due fiori magnifici accanto a lei e gridò alla Morte: "Ora ti strappo tutti i fiori! bada che sono disperata!"
"Non toccarli!" urlò la Morte. "Tu dici d'essere tanto infelice e vorresti che un'altra mamma lo fosse altrettanto?"
"Un'altra mamma!" sussurrò la poverina lasciando subito i fiori.
"Tieni: ecco i tuoi occhi." disse la Morte. "Li ho pescati in fondo al lago: luccicavano talmente! Ma non immaginavo che fossero tuoi. Ripigliali pure (ora vedono meglio di prima) e guarda giù, in fondo a questo pozzo. Ti dirò chi erano i fiori che tu volevi strappare: tu vedrai tutto il loro avvenire, la loro vita umana; e vedrai quello che volevi turbare o annientare."
La mamma guardò giù nel pozzo, e si rallegrò tutta vedendo che uno di questi fiori era una benedizione per l'umanità e spargeva intorno a sé gioia e bene. Ma vide il destino dell'altro che era tutto tristezze, miserie, mali e rimpianti.
"L'uno e l'altro sono secondo la volontà di Dio!"  disse la Morte.
"Ma chi è il fiore sventurato e chi quello felice?" chiese la madre.
"Ah, questo poi non te lo dico" rispose la Morte. "Sappi soltanto che uno dei due fiori era quello del tuo bimbo, era il ..destino di tuo figlio; tu hai veduto il suo avvenire."
Allora la povera mamma fu presa dallo spavento e gridò: "Quale dei due era il destino del mio bambino? Oh dimmelo! Risparmia l'innocente, risparmia al mio bimbo ogni sciagura! Portalo via, piuttosto! Portalo nel regno di Dio. Scorda le mie lacrime, e quanto ho detto e quanto ho fatto!"
"Davvero non ti capisco!" disse la Morte. "Vuoi che ti renda il tuo bambino, o vuoi che lo porti via con me, dove tu non sai?"
La povera mamma cadde in ginocchio, torcendosi le mani, e pregò Dio: "Se prego contro la Tua volontà, non m'ascoltare. La Tua volontà è il meglio. Non m'ascoltare, non m'ascoltare!" Chinò la testa sul petto; e la Morte portò via il suo bimbo nell'ignoto paese. 

La fiaba triste, ma bella, sebbene fantastica, esprime delle grandi verità: la prima è che l'amore di una mamma è così grande che ella sacrifica tutto di sè per aiutare e soccorrere il figlio La seconda è che nella vita spesso accadono fatti tanto dolorosi, ma che l'unico modo per sopportarli è accettare la volontà di Dio che opera per fini a noi sconosciuti ma ben chiari alla Divina Provvidenza.
Nel lungo calvario della povera madre, protagonista del racconto, accadono cose impossibili nella realtà, ma esse sono il simbolo di quanto caldo e profondo sia l'affetto materno e di quanto sublime sia la sua dedizione.
Certamente è doloroso e quasi inconcepibile per una madre perdere il proprio figlio ancora bambino, ma la possibilità che a lui sia destinata una vita infelice e misera vince la naturale ribellione ed ella sceglie di vivere in angosciosa solitudine, per consentire alla sua...creatura la pace eterna.

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