C
’era una volta un pulcino di nome Katakito.
Un giorno Katakito si svegliò e vide che il sole stava
per sorgere, ma il gallo dormiva ancora.
Allora decise di prendere il suo posto e di provare a gridare:
- Chicchirichiiiiiiii!!!
Al suo canto si svegliarono tutti e anche il gallo si svegliò e
s’infuriò.
La madre di Katakito difese il figlio ed elencò a tutti le sue
qualità:
- Lo vedete tutti che è il più bravo, il più intelligente, il più
bello; non c’è nessuno forte come lui....
Katakito, tutto fiero per le parole della madre, s’incamminò
nel bosco con le piume gonfie per sembrare più grande.
I fratellini lo chiamarono per giocare, ma lui, con molto
sussiego, rispose che non poteva giocare con chi gli era
inferiore.
Così i fratelli di Katakito risero di lui e gli dissero che si era
montato la cresta.
Il pulcino proseguì il cammino e strada facendo, incontrò il
suo amico Farafiro. Anche lui lo invitò a giocare, ma Katakito
rispose che non poteva essere suo amico dato che Farafiro
era solo un topolino mentre lui era un pulcino speciale e
destinato a diventare il re del pollaio.
E continuò verso il bosco lasciando Farafiro esterrefatto e
senza parole.
Più avanti Katakito incontrò lo zio Saquor, il falco più anziano del bosco che era rispettato da tutti. Saquor lo richiamò
e lo mise in guardia, invitandolo a non passare per il bosco
perché c’erano troppi pericoli per un pulcino.
Ma Katakito
gli rispose con superbia; gli disse che non erano affari suoi
e che lui non era piccolo e sapeva badare a se stesso. Saquor,
stupito dall’atteggiamento del pulcino, lo avvertì di non
rivolgersi mai più a lui nel caso si fosse trovato nei guai.
Katakito proseguì per la sua strada sempre più fiero e orgoglioso, ripetendo fra sé e sé le qualità che sua madre aveva
elencato. Ma il corvo e la sua amica civetta, da tempo digiuni e desiderosi di mangiarsi un pulcino tenero tenero, da sopra una
quercia avevano seguito tutto e decisero di sfruttare l’occasione.
Così il corvo invitò Katakito a salire a casa sua per visitarla.
Vedendo Katakito perplesso, il corvo astuto fece un inchino
e disse:
- Lei non vuole visitare casa mia perché sono solo un pove-
ro e umile corvo mentre Lei è il principe dei pulcini, il più
bravo, il più bello e il più intelligente e amato da tutti. Ma
se verrà a visitare casa mia, scoprirà che le pareti del mio
nido sono tappezzate con le sue foto...
Katakito, lusingato da quelle parole, accettò l’invito del
corvo.
Così il corvo scese dall’albero, fece salire Katakito sulla sua
ala e lo portò sul ramo dove si trovava il suo nido.
Da lontano Farafiro il topolino vide tutto e fu sorpreso
dall’ingenuità di Katakito nell’accettare l’invito del corvo.
Allora corse veloce a cercare l’aiuto dello zio Saquor, pregandolo di mettere da parte le offese e il risentimento.
Quando vide il pulcino sul ramo, la civetta che invece prediligeva i topolini, chiese a Katakito perché non avesse portato
con sé anche il suo amico Farafiro.
Ma Katakito precisò ancora che lui non poteva essere amico
di un semplice topolino!
Il corvo non stava più nelle piume dalla gioia di gustare
un pulcino grigliato; legò Katakito e gli tappò il becco, poi
con l’acquolina in bocca accese il fuoco per preparare il suo
pranzo.
Katakito impaurito cominciò piangere e solo in quel momento capì quanti sbagli aveva commesso mentre era accecato
dalla vanità.
All’improvviso il corvo si sentì chiamare, si girò e si trovò
d’avanti lo zio Saquor infuriato.
Il falco gli chiese perché avesse acceso il fuoco e questi
rispose che serviva a riscaldarsi. Il falco allora cominciò a picchiare il corvo con le sue forti ali. Così, sbilanciato dai
colpi di Saquor, cadde sulla brace e le sue piume presero
fuoco, costringendolo a volare verso lo stagno per immergersi nell’acqua stagnante.
Una volta scampato il pericolo, Katakito ringraziò lo zio
Saquor, ma lui rispose che il merito non era suo bensì di
Farafiro, senza il quale avrebbe veramente rischiato le
piume.
Katakito si scusò con lo zio Saquor e con il suo amico del
cuore Farafiro che gli avevano salvato la vita.
Lo zio Saquor accettò le scuse, lo slegò e lo portò in salvo
dal suo amico Farafiro e gli consigliò d’ora in avanti di non
essere superbo perché la vanità fa perdere sia gli amici che
se stessi.
E vissero felici e contenti.
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