Qualunque genitore desidera proteggere il proprio figlio dai pericoli, dalle sofferenze, dalle frustrazioni, perfino dai piccoli disagi della quotidianità, nella convinzione che "il bambino non deve soffrire".
Ma per quanto legittimo sia questo istinto, spesso non spinge i genitori a lavorare sulle reali fonti di sofferenza dei figli, bensì a ingabbiarli in stili di vita iperprotetti, nevrotici e stressanti, all'interno dei quali i piccoli sono impossibilitati a sperimentare le proprie potenzialità e i propri limiti.
Sballottati da una parte all'altra, prima a scuola e poi tra mille attività pomeridiane, i bambini instaurano inoltre con i genitori un rapporto irreale e scarsamente educativo, nell'ottica che il poco tempo passato insieme non possa essere trascorso a discutere.